Perciò dai ogni tanto (come al mio solito) vi regalerò un incipit di un libro a mia scelta, anche per stuzzicare la nostra curiosità verso un libro, perchè diciamoci la verità gli incipit molto spesso ci spingono verso una lettura piuttosto che verso un'altra.
E allora dai vi "leggo" La sposa scomparsa. I delitti del casello 1 di Rosa Teruzzi che sto leggendo in questo momento.
<<Che palle!>> esclamò Vittoria, dopo aver lanciato uno sguardo veloce - attraverso la piccola finestra della cucina - alla macchia scura che stazionava dietro il cancello.
Si alzò dal tavolo, scostando bruscamente la sedia. Infilò le scale in pietra che portavano al piano superiore, non prima di aver minacciato Libera, sua madre, con l'indice teso della mano destra: <<Non ci sono per nessuno>>.
Lei non tentò di replicare. Quando la bocca della figlia assumeva quella piega dura verso il mento, nuvole gonfie si addensavano all'orizzonte.
Sciacquò le mani, tolse il grembiule e uscì incontro alla persona che continuava a pigiare il campanello.
Era una piccola donna dai capelli grigi, vestita di nero dalle scarpe al golfino, come certe vedove nei film neorealisti.
<<Cerco l'agente Deidda>> disse, quasi senza guardarla.
I suoi occhi erano fissi sulla porta in legno della casa in cui Libera e Vittoria abitavano un vecchio casello ferroviario bianco, uno degli ultimi rimasti in città, in un angolo alle spalle del Naviglio Grande ritagliato tra i binari della linea Milano-Mortara e quelli della cintura Sud sui cui passava in quel momento - con gran fragore d'acciaio - il treno suburbano per Rogoredo.
La donna picchiò i piedi e ripeté: <<L'agente Vittoria Deidda, prego.>>
<<Non è in casa>> rispose Libera obbedendo alla figlia, a disagio come sempre ogni volta che doveva raccontare una bugia.
Solo allora, l'altra spostò lo sguardo su di lei: occhi piccoli come monete scure in un viso sorprendentemente senza rughe. La soppesò a lungo, scuotendo il capo.
<<Le dica che tornerò>> disse, prima di girare sui tacchi e incamminarsi verso il passaggio a livello, la borsa nera stretta sotto l'ascella. la schiena dritta nonostante l'età e il capo alto, sui quale i lampi del temporale in arrivo facevano brillare riflessi cerulei.