lunedì 17 marzo 2025

Chi ben comincia...

La donna che rise di Dio. 
E altre storie della Bibbia

di Roberto Mercadini 


Dio è doppio punto voglio dire che ce ne sono almeno due: il dio della teologia è quello della narrazione biblica. Il primo è perfetto, onnipotente, onnisciente, infinitamente amorevole; per questo, è inservibile ai fini di una narrazione. Nessuno scrittore sa cosa farse di un personaggio che non può evolvere né tantomeno in polvere, non rischia di morire, non ha bisogno di farsi domande perché conosce ogni risposta, ama tutti indistintamente. Se Dio è, secondo la definizione di Aristotele, il motore immobile, che cosa si può fargli fare in un racconto? Nulla; o non sarebbe immobile. Se - citando ancora Aristotele - "pensiero di pensiero aperti", di quale azioni potrà rendersi protagonista? Di nessuna. Al più potrà pensare appunto e neppure pensare un'azione, bensì il pensiero stesso. Troppo poco avventura. Il dio della narrazione biblica, al contrario, è un personaggio magnifico perché il continuo mutamento, pieno di difetti, dei limiti, di paure, di scoppi di ira, di meschinità, di eccessi. E questo che ha fatto scrivere al gesuita Jack Miles la frase: aperte "Dio non è un santo tra ". Non solo. Nelle scritture ricorre l'espressione "Adonai Echàd", ossia "il signore è uno solo". Certo, per il monoteismo egli è rigorosamente uno solo. Un'unica e unita unità. Ma è un'unità simile a quella di ciascuno di noi: piena di conflitti irrisolti, di laceranti divisioni interiori, di contraddizioni che tolgono le viscere di virgola di molteplice caos. Come vedremo in queste pagine, più è più volte Dio dice una cosa e poi ne fa un'altra; prende decisioni di cui presto si pente, compie un'azione per poi tornare precipitosamente sui suoi passi punte, agisce come puntando contemporaneamente obiettivi diversi e, talvolta, opposti. Qui sta il fascino dell'irresistibile del suo personaggio.

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