mercoledì 3 gennaio 2018

Recensione: "Abbiamo sempre vissuto nel castello" di Shirley Jackson

Buonasera lettori, tra un momento libero e un altro ne approfitto per lasciarvi due impressioni su questo libro che mi ha lasciata da una parte stralunata però dall'altra mi rendo conto che mi è rimasto particolarmente impresso nella mente, perchè a distanza di mesi ancora ne ricordo i dettagli vividamente! 

Abbiamo sempre vissuto nel castello
di Shirley Jackson

Editore: Adelphi
Pagine: 182
Prezzo: 18.00€

Voto: 3.5/5

Trama: "A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce"; con questa dedica si apre "L'incendiaria" di Stephen King. È infatti con toni sommessi e deliziosamente sardonici che la diciottenne Mary Katherine ci racconta della grande casa avita dove vive reclusa, in uno stato di idilliaca felicità, con la bellissima sorella Constance e uno zio invalido. Non ci sarebbe nulla di strano nella loro passione per i minuti riti quotidiani, la buona cucina e il giardinaggio, se non fosse che tutti gli altri membri della famiglia Blackwood sono morti avvelenati sei anni prima, seduti a tavola, proprio lì in sala da pranzo. E quando in tanta armonia irrompe l'Estraneo (nella persona del cugino Charles), si snoda sotto i nostri occhi, con piccoli tocchi stregoneschi, una storia sottilmente perturbante che ha le ingannevoli caratteristiche formali di una commedia. Ma il malessere che ci invade via via, disorientandoci, ricorda molto da vicino i "brividi silenziosi e cumulativi" che - per usare le parole di un'ammiratrice, Dorothy Parker abbiamo provato leggendo "La lotteria". Perché anche in queste pagine Shirley Jackson si dimostra somma maestra del Male - un Male tanto più allarmante in quanto non circoscritto ai 'cattivi', ma come sotteso alla vita stessa, e riscattato solo da piccoli miracoli di follia.


Ormai non escono più e se lo fanno, lo fanno il meno possibile e solo per le commissioni necessarie di cui non si può far a meno come la spesa e un giro in biblioteca il tutto una sola volta a settimana, per il resto Costance e Mary Katherine Blackwood e lo zio invalido Julian restano nella loro grande villa da soli, lontani da occhi indiscreti e dalle male lingue dopo l'assassinio del resto della famiglia fatto che li ha isolati da tutto il paese.

Un libro molto "piatto" all'apparenza, fatto di continui rituali giornalieri, di dettagli che paiono insignificanti ma che ti portano a un quadro finale sbalorditivo anche se facilmente intuibile verso la metà della narrazione. Un libro sulla diversità della follia umana, i suoi molteplici e nascosti aspetti, il tutto nascosti da ricchezza e da un velo di gesti all'apparenza normali che però viene a incrinarsi con l'arrivo del cugino Charles che mira al patrimonio della famiglia cercando di "accalappiare" la sorella maggiore Costance, la stessa accusata di aver avvelenato i famigliari.

Una storia che ribalta ogni convinzione che creea all'inizio, una storia che man a mano ti trasmette un senso di inquitudine senza essere mai macabro o avere scene raccapriccianti. Il tutto è molto psicologico.

 Un libro che mi ha colpita ma che allo stesso tempo mi ha lasciata un po' così perchè non so bene cosa mi aspettassi all'inizio della lettura. Però ve lo consiglio caldamente è assai particolare e fuori da ogni schema! 

 
 

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