martedì 23 gennaio 2018

Recensione: "Exit West" di Mohsin Hamid

Buon pomeriggio lettori, recensione dell'ultimo libro letto che mi è capitato fra le mani casualmente e non ho potuto fare a meno di comprare subito e leggere, mi ricorda tanto un film che ho visto ma che non ho idea di come si chiami... mmmmh ma che a differenza di questo libro ricordo mi sia piaciuto.

Exit West 
di Mohsin Hamid

Editore: Einaudi
Pagine: 152
Prezzo: 17.50€

Voto: 2.5/5

Trama: «In una città traboccante di rifugiati ma ancora perlopiú in pace, o almeno non del tutto in guerra, un giovane uomo incontrò una giovane donna in un'aula scolastica e non le parlò». Saeed è timido e un po' goffo con le ragazze: così, per quanto sia attratto dalla sensuale e indipendente Nadia, ci metterà qualche giorno per trovare il coraggio di rivolgerle la parola. Ma la guerra che sta distruggendo la loro città, strada dopo strada, vita dopo vita, accelera il loro cauto avvicinarsi e, all'infiammarsi degli scontri, Nadia e Saeed si scopriranno innamorati. Quando tra posti di blocco, rastrellamenti, lanci di mortai, sparatorie, la morte appare l'unico orizzonte possibile, inizia a girare una strana voce: esistono delle porte misteriose che se attraversate, pagando e a rischio della vita, trasportano istantaneamente da un'altra parte. Inizia così il viaggio di Nadia e Saeed, il loro tentativo di sopravvivere in un mondo che li vuole morti, di restare umani in un tempo che li vuole ridurre a problema da risolvere, di restare uniti quando ogni cosa viene strappata via. Con la stessa naturalezza dello zoom di una mappa computerizzata, Mohsin Hamid sa farci vedere il quadro globale dei cambiamenti planetari che stiamo vivendo e allo stesso tempo stringere sul dettaglio sfuggente e delicato delle vite degli uomini per raccontare la fragile tenerezza di un amore giovane. In un certo senso Hamid ha ripetuto per l'oggi quello che i classici dell'Ottocento, ad esempio Guerra e pace, hanno sempre fatto: raccontare l'universale della Storia attraverso il particolare dei destini individuali, riportare ciò che è frammentario, l'esperienza del singolo, alla compiuta totalità dell'umano.


Quando ho preso questo libro, l'ho fatto con alte aspettative e un ricordo vago di un bel film di cui la mia mente si rifiuta di cacciare il titolo e l'inizio era anche molto promettente... se solo non si fosse perso per strada come i due protagonisti insieme al finale!!!
Se mi seguite da un po' sapete che io odio i libri autoconclusivi con i finali che possono dire niente e tutto, li odio immensamente perchè io voglio sapere cosa succede, non supporlo a mio piacere!
 Ma andiamo per gradi...
Saeed e Nadia si conoscono in una città dove la guerra è solo una voce, dove la gente va a passeggio, ha luce, acqua, gas, dove le bombe non possono cadere da un momento all'altro sulla tua testa, dove i giovani vanno nei bar, all'università, escono, si amano. Sono felici e pieni di mille progetti futuri da fare insieme, di cose da vedere, da fare. Entrambi studenti dell'università e che lavorano, fino al giorno in cui la guerra diventa reale. La gente muore sotto proiettili vaganti, sotto le bombe, i palazzi vengono sdradicati dalla forza dei combattmenti, c'è il coprifuoco e la vita che conoscevano si distrugge sotto i loro occhi e devono dire addio a quello che è stato.
Riescono a scappare insieme a tanti altri, diventando due di migliaia di immigrati che scappano dalle varie "porte" che li porteranno in paesi che fin'ora potevano solo immaginare di vedere. E così tra un paese e un altro la loro vita li metterà a dura prova.

Ho apprezzato questo libro a pezzi; ho apprezzato l'inizio, dal loro incontro alla conoscenza della guerra. Ho apprezzato che l'autore rappresenti le varie opportunità, le varie strade che la gente, o nel caso specifico i due protagonisti, scelgono di percorrere nella vita attraverso la simbologia delle porte. Le porte come passaggio da un paese a un altro, in cerca di una nuova casa, di una nuova vita per loro due, le porte come rappresenzatzione delle nostre scelte.

Non ho apprezzato il fatto che in mezzo alla narrazione lo scrittore infili sprazzi di altre persone, di situazioni dall'altra parte del mondo, così senza capo ne coda, senza che ci sia alla fine un incrocio, uno scopo. Messi lì solo ad allungare un brodo, con parti totalmente inutili e superflue, non inerenti alla storia di Saeed e Nadia. 
Non ho apprezzato il fatto che i due protagonisti arrivano a un certo punto della loro storia e... giri la pagina il libro è finito! Così da un momento all'altro! E li in mezzo, dopo tutta sta manfrina, che succede?????????
Rabbia, rabbia immensa per questo, che ha determinato la bocciatura a questo libro. 
Capisco che l'intento dell'autore è far capire che nella vita, le avversità sono tante, ma che ci sono centinaia di porte/possibilità per affrontare le situazioni, ma cavolo almeno portaci a conoscenza di quello che fanno sti due a differenza di anni e anni e non un semplice ciao.
Ho apprezzato solo per metà la figura di Nadia, che oscilla tra la stronza e l'incompresa, al contrario di Saeed che è l'unica cosa che si salva li in mezzo.
Trovo ragionevole il fatto che la vita e ciò che ci succede in essa ci porta a cambiare, ma non ho apprezzato per niente il cambiamento tra i due, mi è sembrato sbagliato e ingiusto dalla parte del lettore che vorrebbe l'happy ending e giusto da quello dell'autore che fa evolvere i personaggi e i loro sentimenti con loro, però bu mi ha lasciata molto, molto non contenta di ciò, il che ha rafforzato la mia antipatia nei confronti della stronza Nadia.

Scorre il libro?? A tratti si a tratti no, sopratutto verso la fine, in cui diventa tutto uno spezzone, fa quello, fa quell'altro, pensano questo, pensa quest'altro, tutto molto arido, manca di quel sentimento che invece si percepisce nella prima parte, di profondità ecco.

Ve lo consiglio?? Sinceramente no, però ecco è giusto farsi sempre un'opione propria, ma nel caso non lo leggiate, non vi siete persi nulla, e ora torno al mio amato The fate of the tearling di Erika Johansen! *_*

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