di Victor Hugo
Editore: Feltrinelli
Pagine: 128
Prezzo: 9,00€
Voto: 4/5
Trama: È anonimo l’autore che, nel 1829, dà alle stampe questo piccolo, gigantesco libro. Ma è inconfondibilmente Victor Hugo. Sono anni in cui il progresso sembra trasportare l’umanità intera, sul suo dorso poderoso, verso un futuro di pace, prosperità, ricchezza e fratellanza. Ma negli stessi anni si tagliano ancora teste davanti a un pubblico pagante, si marcisce in carcere, ci si lascia morire per una colpa non sempre dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. Hugo parla a nome dell’umanità, come sempre, e lo fa attraverso la voce di un uomo qualunque, di un condannato qualunque, di un miserabile che rappresenta tutti i miserabili di tutte le nazioni e di tutte le epoche. Un crimine di cui non conosciamo i dettagli lo ha fatto gettare in una cella. Persone di cui non conosciamo il nome dispongono della sua vita, come divinità autoproclamate. Un’angoscia soffocante lo tortura, giorno dopo giorno, e gli fa desiderare che il tempo corra sempre più veloce. Verso la fine dell’attesa, venga essa con la liberazione o con l’oblio.
Un piccolo gioiellino!!
Hugo ci porta nei pensieri più profondi di un condannato a morte di cui non conosciamo né nome né il perché è stato condannato, ma il fulcro della storia sono i pensieri che quest'uomo ha verso le morte, verso l'incertezza di quando verrà eseguita la condanna, la paura, le ansie, i pensieri rivolti verso la sua "vecchia vita" la vita del prima, verso la sua famiglia, della figlia che non vedrà mai crescere, della moglie che patirà a causa sua.
Il condannato si chiede se è giusto trattare così un uomo, anche se esso ha commesso un crimine. Si chiede dove sia la pietà degli uomini.
Il pensiero della morte, della prigionia, si chiede se non è già essa stessa una condanna sufficiente per torturare un uomo senza doverlo uccidere fisicamente. La morte è quasi una liberazione dalla sofferenza psicologica a cui è sottoposta la mente e dunque il corpo di rimando.
Il condannato vive di angoscia e pensieri la sua attesa, si interroga sulla vita, sul suo scopo, si interroga sull'anima, su dove andrà, se verrà mi perdonato per il suo crimine, se c'è in effetti un paradiso. Il libro è un grido disperato, una forma di lettera di denuncia delle condizioni degli uomini destinati a quello a cui è destinato lui, una forma di grido di aiuto, di pietà verso chi ha sbagliato e chiede perdono senza esser udito.
"Che quello che scrivo possa essere un giorno utile ad altri, che blocchi la mano del giudice in procinto di giudicare, che salvi degli sventurati, innocente colpevoli, dall'agonia a cui sono condannato, perché? a che scopo? che importa? Quando la mia testa sarà tagliata, cosa cambia per me se ne tagliano altre? Ho davvero potuto pensare simili follie? A battere il patibolo dopo che ci sarò salito! Vi domando cosa ne può venire.
Ecco! Il sole, la primavera, i campi pieni di fiori, gli uccelli che si risvegliano al mattino, le nuvole, gli alberi, la natura, libertà, la vita, tutto questo non mi appartiene più! Ah! sono io che dovrei essere salvato! È proprio vero che non si può, che mi toccherà morire domani, oggi forse, che le cose stanno veramente così? Oddio! Che idea orribile, da fracassarsi la testa contro il muro della cella!"
"Tutto è prigione intorno a me; ritrovo la prigione in tutte le forme, in forma umana e in forma di inferriata e di chiavistello. Questo muro è la prigione fatta a Pietra; questa porta è la prigione fatta a legno; questi secondini sono la prigione in carne e ossa. La prigione è una specie di creatura orrenda, totale, indivisibile, metà uomo e metà edificio. Io sono la sua preda; mi cova, mi trattiene tra le sue spire. Mi rinserra tra le sue mura di granito, mi tiene sotto chiave con le sue serrature di ferro e mi sorveglia con i suoi occhi da guardiano. Ah! Miserabile! Che ne sarà di me? Che ne faranno?"
"Dicono che non è niente, che non si soffre, che è una fine dolce, che la morte, in questo modo, è alquanto semplificata.
Eh! Allora cos'è questa agonia lunga sei settimane e questo rantolo lungo un giorno intero? Cosa sono le angosce di questa giornata irreparabile, che scorre così lenta e così in fretta? Cos'è questa sequela di torture che mettono capo al patibolo?
Apparentemente non è soffrire questo.
Ma non sono le medesime convulsioni, che il sangue se ne vada goccia a goccia, o che l'intelligenza si spenga pensiero dopo pensiero? E poi, non si soffre, sono sicuri? Chi gliel'ha detto? Si è mai sentito di una testa tagliata che si sia rizzata sanguinante sul bordo della cesta e abbia gridato al popolo: non fa niente male!"
"Ahimè, che ne fa la morte della nostra anima? Che natura le lascia? Cos'ha da prenderle o darle? Dove la mette? Le presta a volte occhi di carne per guardare sulla terra e piangere? Ah! Un prete! Un prete che lo sappia! Voglio un prete o un crocifisso da baciare!"
Veramente super consigliato, un libro che sa toccare con tenerezza la vostra coscienza.