-Apre una bustina, la rovescia tutta in bocca. Zucchero… com’è dolce il
sapore dei sogni, il sapore dell’attesa. Com’è dolce la speranza. E come
vorrebbe ricominciare a sperare. È questo che le manca, terribilmente: sperare.
Aspettare. Aspettare un sms, un sorriso, un amore che le riempia la vita, che
gliela addolcisca. Aspettare. Le manca qualcuno, qualcosa da aspettare.
-Apre un libro a caso. La donna giusta, letto nel 2004. Lei dov'era,
quell'estate, cosa faceva? Che cosa sognava? Ne prende un altro. Un uomo vero,
letto nel 2000, cominciato e finito in soli quattro giorni, a gennaio. Quattro
giorni di furiosa lettura: come mai? Era malato, annoiato? Le piacerebbe averlo
conosciuto allora; allora quando gli anni non avevano ancora infilato dei fili
d’argento nei suoi capelli, o disegnato delle piccole rughe sul viso, accanto
agli occhi, gli occhi di cui lei non si ricorda il colore. Si rende conto che
non sa com’era lui; non lo saprà mai. Certo, ci saranno delle foto, le vedrà;
ma com’era davvero, in quell’estate in Sicilia, mentre leggeva questo libro? Portava già le sue camicie
bianche con le cifre sopra? Come rideva? E qui, in questo gennaio, com’era? I
capelli erano corti, lunghi? Fumava? Ha mai fumato? Cosa mangiava, prima di
mangiare sushi in un parco? Lui era, è stato; pezzi di lui, puntate di film precedenti,
sono finite, non torneranno più; lui che era, ma è solo com’è adesso. Si
comincia da qui. E lei, dov’era? Dov’era quell'estate, quel gennaio? Non si
ricorda più. Tutti quegli anni che sono rotolati via, risucchiati
dall'aspirapolvere del tempo; quegli anni che hanno depositato frasi ed
emozioni e parole dentro queste pagine. E lei ci sta affondando. Senza
pensarci, senza desiderarlo, semplicemente è inciampata, lui l’ha presa per
mano, l’ha trascinata dentro.
-Sarà un uomo-enigma, un uomo-puzzle, un uomo che le manderà sms
criptici da decifrare, un uomo che non si sa mai dove sia, e che poi è sempre
nell'ombra a un isolato di distanza? Non ho voglia di giocare a questo gioco,
pensa lei. Voglio altro, stavolta: voglio la luce che inonda la casa, voglio
fare colazione insieme, al mattino, in cucina, con una vecchia caffettiera che
fa un buon caffè. Guarda, è così, vorrebbe dirgli. Non voglio solo qualcuno per
cui farmi bella: voglio qualcuno ai cui occhi poter essere sempre bella, anche
quando fuori piove e dentro piove, quando i capelli non sono più degni di
questo nome e qualsiasi vestito addosso a me sembra stropicciato, sporco,
bagnato. Voglio qualcuno che mi ami anche quando non mi amerà più. Qualcuno che
porti sempre con sé il mio nome, come un tatuaggio. Qualcuno che sappia come
accarezzarmi, sempre, sempre. Voglio tutto questo, così per favore avvicinati
solo se lo vuoi anche tu. <<Mi chiami stasera quando sei arrivata a
Londra?>> dice lui.
<<Certo>>, risponde lei.
Che sollievo. Così semplice, così normale: chiamami tu.
Niente giochi, niente puzzle. Chiamami tu. Affonda il viso nel suo
abbraccio, non ha ancora capito di che cosa sappia, ora sente solo il caffè
della domenica mattina, promessa di altre mattine, di altri caffè.
-Ma lei ha voglia, di lottare per lui? Di illudersi e sognare e seguire
quel profumo di caffè? Che fatica, pensa. Che fatica. Forse era solo
un’illusione, una nuvola, un temporale. Per lei, forse, non ci sono case, ma
solo aerei; solo porte che si chiudono, chiavi appoggiate sul tavolo; solo
passi dell’addio. Non ha voglia di lottare. Di sognare. E così facile
arrendersi, sbarazzarsi dei sogni come di monete straniere. Chiude gli occhi,
mentre l’aereo decolla.
-Si è sempre girata a guardare le coppie di anziani per strada, le
ricordavano il nonno e la nonna. Passi lenti, ma insieme. C’è chi si tiene per
mano, magari senza averlo mai fatto per tutta la vita; chi si appoggia a un
bastone; chi discute camminando, ma ad alta voce: non ci sente più. O
sottovoce, perché ormai i litigi somo sempre gli stessi. Anziani per strada,
che guardano insieme una pianta di rosmarino fiorita sporgersi attraverso le
inferriate di un giardino di città, e magari ne staccano un rametto da portare
a casa.
-Ed è così. Ci sono momenti in cui siamo davanti ad un confine
invisibile, un confine tratteggiato per terra. A volte non ce ne accorgiamo
neppure. Camminiamo, siamo di fretta, corriamo, inciampiamo; ci ritroviamo in
terre sconosciute, e senza passaporto, senza lasciapassare. Clandestini. Ma a
volte – una manciata di momenti nella vita – il confine è lì, proprio davanti a
noi. E c’è una persona, dall’altra parte. E c’è un gesto,uno sguardo, una
carezza, una mano che si avvicina; ci sono delle parole, c’è un bivio, c’è
qualcosa che ci spinge e qualcosa che ci trattiene. C’è un abisso. E c’è un
salto da fare. Oltre la pozzanghera con le stelle sbriciolate dentro. E a volte
ci sono delle parole, solo una parola: si.
Si, scrive Benedetta sulla chat. Poi chiude. Chiude la conversazione,
chiude il collegamento. Il salto è nel buio, oltre la pozzanghera, oltre il
confine, chissà dove atterrerà.
-L’amore era guardare una persona e vederci una carta geografica del
futuro, tutte le strade possibili, le deviazioni, le città inesplorate. Non era
forse questo che aveva visto, che aveva voluto disperatamente, ossessivamente
vedere nell'uomo che l’aveva portata sul Molo Audace? E lì c’era anche il
brivido, certo. Il brivido di tutto quello che poteva essere, e non sarebbe
stato. Dell’impossibile. In lui aveva visto una carta vasta come il mondo, con
tutte le autostrade dove non sarebbero
mai stati insieme, i pedaggi non pagati, le metropolitane mai prese, le luci
mai viste dall'alto di un grattacielo; e tutte le porte chiuse di appartamenti
dove non avrebbero mai vissuto. Si – chiuse gli occhi – l’amore era questo. Era
anche questo. Le porte chiude e le città sconosciute e gli aeroporti dove, con
lui, non sarebbe mai atterrata. Ma l’amore era anche, e soprattutto, un battito
di cuore. Era una strada, una strada fosforescente e luminosa; una strada sola
che pulsava lungo tutta la cartina geografica illuminava, generosamente, il
buio.
E lui è lì, alla fine di quella strada. O all'inizio di quella strada,
dipende dallo sguardo. Lui è lì al di là della porta scorrevole: perché amore è
anche qualcuno che viene a prenderti all'aeroporto.
Amore è un uomo con la camicia bianca e un orologio nero, un uomo
stropicciato dagli anni e dai libri che ha letto e dai segreti e dalle verità
che ha incontrato; un uomo.
Un uomo che non la abbraccia davanti agli altri: non è quel tipo di
uomo. Ma le sorride, le prende la valigia – bagaglio leggero, per iniziare una
nuova vita – e stringendole la mano le sfiora le punte acuminate dell’anello.
Lui sa cos'è. Lei sa cos'è. E mentre aspettano un taxi le stringe forte la
mano, stringe forte l’anello, l’anello vuoto, l’anello di cui la nonna perse la
pietra, ed è come se le dicesse: <<Ora hai me, non ne hai più
bisogno>>. Perché l’amore è qualcosa che riempie il vuoto. L’amore è pienezza,
è un bacio tra le dita, è una promessa, è prendere un taxi insieme per lo
stesso indirizzo. Forse. O forse è semplicemente qualcosa di piumato che si
posa sull'anima.
2 commenti:
*__* bellissimi!!
Mi fa piacere che ti siano piaciute ^_^ a parte la prima che è la meno bella le altre lo sono parecchio ;p
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